Scomunicato da papa Alessandro VI nel maggio 1497, Girolamo Savonarola scrisse durante l’estate e l’autunno il De veritate prophetica dyalogus, ma non lo pubblicò subito, nella speranza che non fosse necessario alla sua difesa. Lo diede alla stampa nel marzo 1498, poco prima che il convento fiorentino di San Marco fosse preso d’assalto ed egli arrestato, processato e messo a morte, il 23 maggio 1498. Il Dyalogus, di cui si dà un’edizione critica, corredata da un’introduzione, una traduzione in italiano e un ampio corpus di note e fonti, è un trattato-autobiografia, in cui Savonarola presenta i motivi per cui ritiene nulla la sua scomunica, descrivendo, per questo, anche eventi della sua vita, i momenti drammatici di un cristiano investito del carisma profetico, guidato da una volontà a lui esterna e insieme interna, quella di Dio. Con questa autocoscienza carismatica, Savonarola mostra la sua perfetta ortodossia e il suo totale desiderio di santità, e nello stesso tempo, sulla scorta di Tommaso d’Aquino, definisce in cosa consista la profezia e ne propone uno statuto teologico, perché sia considerata una componente necessaria alla Chiesa.